Sono vegano per scelta etica
Come possiamo amare cani e gatti alla follia e mangiare altri animali come se nulla fosse?
Come è possibile che certe carni siano commestibili ed altre no?
Perché abbiamo reazioni così radicalmente diverse quando parliamo di carne di cane anziché di pollo, mucca o maiale?
Come possiamo sentirci “liberi da ogni colpa” sapendo ciò che accade negli allevamenti intensivi di mucche, maiali, vitelli, polli e pesci?
Come possiamo accettare di essere letteralmente “complici” dell’agribusiness moderno o della pesca commerciale che tratta gli animali come macchine da soldi?
Come possiamo tollerare che miliardi di animali innocenti siano vittime del nostro appetito?
Come possiamo anche solo pensare di mettere in bocca la loro carne ed i loro fluidi?
Come possiamo tacere sapendo che gli allevamenti intensivi sono la causa principale del cambiamento climatico e dell’insorgenza di pandemie devastanti?
E soprattutto come è possibile che nessuno se ne renda conto?
La risposta è molto semplice: percezione. Vediamo cani e mucche in modo molto diverso, per quanto non esista alcuna reale e dannata differenza tra loro. Nelle società occidentali la relazione con i cani, i gatti e gli altri animali da compagnia è molto simile a quella che abbiamo con le persone. Diamo loro nomi da “umani”, scattiamo selfie, li vestiamo, compriamo regali di compleanno, ci preoccupiamo della loro salute, giochiamo, viaggiamo, ridiamo con loro e piangiamo come bambini il giorno in cui attraversano il ponte dell’arcobaleno.
Al contrario vediamo mucche, polli, maiali (e altri animali da allevamento) come “carne morta” in quanto il nostro schema mentale, un mix di cultura, esperienza, tradizione, credenze e percezione, li classifica sotto la voce cibo. Questo è il quadro psicologico che plasma le nostre idee e il nostro comportamento, un meccanismo inconscio che evolve e si rafforza nel tempo, nutrito da un sistema malvagio che ci insegna “come non sentire” e che trasforma la nostra innata empatia in vile apatia.
Ecco perché quando ci sediamo a cena e guardiamo nel nostro piatto non riusciamo a vedere l’animale da cui la carne deriva. E’ come se questi animali fossero completamente invisibili. Vediamo solo cibo e ci limitiamo a goderne il sapore, l’odore, l’aroma, l’impiattamento alla Master Chef e magari scattiamo una bella “fotina” per Instagram con hashtag #foodporn. Pornografico è il nostro cervello che “skippa” la connessione tra l’animale e la sua carne. E’ come se fossimo ciechi e accettassimo passivamente l’ordine innaturale delle cose. E’ come una epidemia che trasforma le brave persone in esseri senza emozioni, privi di sentimenti e incapaci di provare compassione per gli animali, in “collaborazionisti” dell’oppressore.
Citando le parole di Martin Luther King “non ricorderemo le parole dei nostri nemici ma il silenzio dei nostri amici”.
Il nostro sistema ci vuole così, ciechi, ignoranti ed insensibili, il modo migliore di “fottere” tutto quello che abbiamo.
Ciò spiega inoltre come Asiatici ed Europei abbiano modi diversi di classificare gli animali e la rispettiva carne. Cosa ne dici allora di mettere alla prova le tue abilità carnivore? Cosa dici di una bella fettina di carne di cane? Non arrabbiarti e non indignarti. Così come in India c’è l’ergastolo per chi uccide una mucca, Yulin e il suo “dog festival” sono dietro l’angolo di casa tua.
Lo sapevi che in una sola settimana vengono uccisi più animali rispetto al numero totale di persone che hanno perso la vita durante tutte le guerre nella storia dell’uomo?
- 170 miliardi (non milioni… miliardi) di animali nel mondo vengono uccisi ogni anno a cause delle 3 “P”: profitto, piacere e palato. Non è terribile?
- 5.400 animali vengono macellati ogni secondo. E’ come se 26 Boeing 787 carichi di animali cadessero e si schiantassero ogni secondo. Riesci anche solo ad immaginarlo?
- 1.5 trilioni di animali acquatici vengono uccisi dall’industria della pesca ogni anno. Sono troppi zeri anche per il tuo calcolatore?
Come disse una volta Sir Paul McCartney (e Lev Tolstoj prima di lui) “se solo i macelli avessero le pareti di vetro, tutti sarebbero vegetariani”. Parole sante.
I peggiori delinquenti del pianeta come pedofili, trafficanti di sesso, violentatori, rapitori, spacciatori e assassini non vengono lontanamente maltrattati come gli animali da allevamento.
E adesso ti propongo un breve tour guidato, giusto poche parole, niente immagini traumatiche o video spaventosi, solo per “annusare” cosa succede alla tua cena quando è ancora un animale. No, non voglio fare il “terrorista vegano”, solo condividere in modo molto soft rispetto alla cruda realtà, i metodi di allevamento e produzione che la stragrande maggioranza delle persone non può nemmeno immaginare.
MUCCHE
Le mucche da latte non si godono una vita pacifica nei pascoli incontaminati che ci vengono propinati attraverso la pubblicità. Queste povere “macchine da soldi” vengono letteralmente violentate (ma ti voglio risparmiare la descrizione del dildo), ingravidate artificialmente, iniettate di ormoni e antibiotici per favorirne la “salute” evitando morte prematura. Le loro code vengono tagliate, le orecchie deturpate senza usare anestetici o antidolorifici (perché costa troppo!). I loro cuccioli vengono rapiti immediatamente dopo la nascita (e macellati in brevissimo tempo) in modo che l’uomo possa avere il suo latte (dovrei meglio dire il loro latte). Incatenate al collo, confinate in stalle sovraffollate con piccole mangiatoie, sempre in piedi nelle loro feci e urine, munte con macchine dolorose, frequentemente affette da mastite, una dolorosa infiammazione delle ghiandole mammarie, vivono un’esistenza miserabile e priva di dignità. E non appena la curva di produzione del loro latte accenna a diminuire, normalmente intorno al quarto-quinto anno, “via al macello” per diventare bistecca. Ecco perché il latte dovrebbe farci paura: “dairy is scary”.
VITELLI
I cuccioli di bovino strappati subito dopo il parto alle loro madri, senza pietà, i così detti vitelli, vengono confinati per circa 16 settimane in squallidi capannoni (altro che i ranch dei film di cowboys), quel tanto che basta per essere marchiati, castrati e decornati (sempre senza antidolorifici o anestesia), gonfiati con una dieta innaturale, resi anemici (per produrre una carne tenera di colore chiaro come “piace al pubblico”) e finalmente macellati. Si tratta del business animale più moralmente ripugnante e inefficiente: un vero insulto all’intelligenza della natura. L’unico aspetto “buono” di questa brutta storia è che sviluppa numeri meno importanti rispetto al mercato di polli e maiali. Per finire la storia del vitello, una speciale menzione va al metodo bestiale di castrazione. Si taglia la parte bassa dello scroto con un coltello (a secco e senza anestesia) e quando i testicoli sono belli “fuori” ed esposti, vengono tirati e strappati a mano mentre il tessuto connettivo intorno al cordone viene spinto indietro. Immagino che i lettori maschi si stiano sentendo male e forse alcuni di loro, solidali con gli amici vitelli, si stiano toccando i maroni. Fine della storia e “fine delle palle”.
GALLINE
Le galline ovaiole sopportano atroci sofferenze e fanno quella che ad Oxford verrebbe definita “una bella vita del cazzo”. Quasi immediatamente “debeccate” (ovvero private del loro becco, tanto per cambiare senza uso di anestetico), vengono confinate anche loro in condizioni disumane, in gabbie sporche, ammassate una sopra l’altra, senza la minima possibilità di aprire le ali e nemmeno girarsi. Per tutta la loro miserabile esistenza in un campo di concentramento, mangiano, dormono, cagano in spazi angusti, senza mai vedere la vita, senza mai mettere “il becco fuori”, sino a quando smettono di essere preziose per il business delle uova, normalmente dopo un anno. A quel punto vengono trasferite ai “cugini della carne”. Fine della sofferenza ma non fine della storia: mangiare un uovo non è meno crudele di divorare un hamburger.
PULCINI
I figli maschi delle galline, milioni di pulcini, vengono uccisi alla nascita non avendo alcun valore economico. Si va dal “macina pulcini” una sorta di enorme tritacarne, alla camera a gas, sino al loro seppellimento (ancora vivi) quando l’industria non è particolarmente “attrezzata”. Commento muto.
POLLI
I polli non se la passano decisamente meglio. Cresciuti a doppia (se non tripla) velocità in capannoni affollati e disumani, vengono imbottiti di ormoni della crescita ed antibiotici per limitare il danno economico derivante da morte prematura. Privati del becco (senza anestesia) con una specie di ghigliottina (pensa che una volta si usava la fiamma ossidrica) allo scopo di evitare il cannibalismo da stress indotto dalle condizioni innaturali a cui sono sottoposti, subiscono spesso mutilazioni derivanti da “procedure” non corrette, praticate da personale non adeguatamente formato. “Del resto quali competenze serviranno mai per tagliare un becco? Sarà mai più difficile di tagliare le unghie al cane, no?” A ciò si aggiunga che i nervi danneggiati tendono a ricrescere generando spesso un tumore chiamato neuroma. Le loro zampe non sono nemmeno in grado di reggere il peso del loro “corpicino” deformato che in sole 8 settimane cresce di 50-60 volte. I sopravvissuti vengono dunque trasportati al macello (la prima volta in cui vedono la luce del giorno), afferrati “con tanto amore”, gettati su un nastro trasportatore, agganciati a testa in giù, prima di essere sgozzati e immersi in acqua bollente, spennati e impacchettati. I pennuti più sfortunati finiscono invece bolliti vivi. Il pranzo è servito.
MAIALI
I maiali passano la loro intera esistenza (6 mesi circa) all’interno degli allevamenti intensivi, in totale isolamento, una tortura se pensiamo alla loro natura socievole e tralasciando che la loro intelligenza supera di gran lunga quella di molti umani a 2 zampe. Dopo la nascita i suinetti vengono immediatamente castrati, code e denti tagliati, inutile dirlo senza anestesia e poi via con un bel carico di ormoni e tetracicline. Coloro che ce la fanno vedono l’esterno per la prima ed ultima volta il giorno in cui, “imballati” in un camion come se già fossero salami, vengono trasportati al macello, un viaggio di paura, fame, sete e morte che spesso dura giorni. Hai sempre voglia di un bel panino con la mortadella?
PESCI
Chiudiamo questa classifica della morte con i pesci di allevamento, l’alternativa “più umana” alla devastazione della pesca commerciale, un business criminale, insostenibile e antieconomico (non a caso sussidiato), una delle pratiche più spaventose e piratesche che l’uomo sia mai stato in grado di inventarsi, annientando la vita di altri uomini, di animali marini e degli oceani. Se solo l’acqua potesse parlare, quante brutte cose ci racconterebbe.
Non a caso il pesce proveniente dagli allevamenti intensivi rappresenta il 50% del totale consumato a livello globale. L’acquacoltura è un settore in crescita esponenziale che in termini di inumanità e irresponsabilità conosce davvero pochi rivali. Gli animali acquatici sono stipati in piscine piene di rifiuti organici e non, imbottiti sino a scoppiare di antibiotici, pesticidi e ormoni in modo da accelerare la loro crescita e prevenire una morte prematura, cosa alquanto normale nelle condizioni in cui vivono. Una parte significativa di questi “invisibili alieni” viene geneticamente modificata, tuttavia circa 1/3 di loro muore lentamente a causa di fame, malattie, parassiti o aggressioni da parte di altri pesci. I sopravvissuti vengono “processati” (le parole macellati, assassinati, torturati, terminati ed altri sinonimi pienamente coerenti con la realtà dei fatti non sono affatto graditi dagli “addetti ai lavori”) per soffocamento, dissanguamento, scarica elettrica, chiodatura (perforamento del cervello con oggetto appuntito), congelamento (da vivi), prima di finire la loro vita da inferno nella nostra bocca. Ti ordino un bel sushino?
Nessun animale ne uscirà vivo
E la cosa più bizzarra è che anche noi umani rischiamo di non uscirne vivi. Tutto quello che stiamo facendo agli animali torna spesso indietro sotto forma di zoonosi, ovvero malattie trasferibili dal mondo animale all’essere umano. Le condizioni scioccanti di allevamento intensivo a cui sono sottoposti miliardi di innocenti creature, il sovraffollamento degli impianti produttivi, gli spazi limitati, la mancanza di igiene, le contaminazioni fecali, le mutilazioni, le manipolazioni, la paura, lo stress, l’alimentazione innaturale, il cannibalismo, le malattie, l’utilizzo di antibiotici, steroidi ed ormoni della crescita, le modalità di trasporto, l’assenza di biosicurezza ed i rischi di contaminazione dell’ambiente circostante sono solo alcuni degli ingredienti malati di una ricetta mortale non solo per gli animali ma anche per noi “umani”.
Vogliamo davvero essere così vigliaccamente (e aggiungo stupidamente) complici di questo sistema criminale? Vogliamo assistere ad un altro Olocausto dove animali innocenti muoiono pezzo dopo pezzo? Staremo passivamente a guardare lo Tsunami che spazzerà via molti di noi umani? Cosa dirai un giorno ai tuoi nipoti?
Quale grande onore sarebbe poter dire “io sono stato dalla parte degli animali sino alla fine, perché ero uno di loro”.
Social Contact